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Repubblica Spettacoli
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MUSICA
Dolores O'Riordan, nel 2009 svelava: "Abbiamo una vita sola, bisogna essere felici, trovare la pace, curare il cuore"
In occasione del suo secondo (e ultimo) album da solista, 'No Baggage', la cantante era arrivata in promozione in Italia, a Milano. 'Repubblica XL' l'aveva incontrata: ne era nata una conversazione surreale, in cui emergevano già tutte le sue fragilità
Parli della vita come di un viaggio, ma poi intitoli il disco No Baggage, “senza bagaglio”. Viaggiare leggeri è più facile?
«Sì, è molto meglio. Quando diventi vecchia, e vai avanti nel tuo viaggio, “meno è più”. Da giovane volevo prendere tutto, volevo fare tutto, ma alla fine quello che ho ottenuto è solo lo stress. Ora, non faccio né prendo troppo. Ho capito che si ha una vita sola e bisogna essere felici; trovare la pace; curare il cuore».
«Sì, ma è una cosa ottima. Inoltre, se pensi troppo agli altri, per gli altri, non può funzionare. Ho capito che le cose vanno fatte per sé. Così, se sei felice, coloro che ti stanno attorno lo sentono e anche loro possono essere felici».
«Oh, certo. Ma tutti ne hanno, non è vero? Tu non ne hai?».
«Sì, perché non puoi sfuggire a te stessa. Quando canti, però, riesci ad accettare ciò che sei. E da quel momento, la tua aura diventa una buona aura. Impari ad amarti e a quel punto puoi donare amore. E crescere. In ogni caso, non andrò a parlare delle mie questioni private, che sia chiaro. Ma ho avuto alti e bassi nella mia vita. Come tutti, naturalmente».
«Sì, perché impari a conoscere la “pace” del cuore. Tu sei preoccupata di invecchiare?». Le dico che lo trovo fonte di noiose perdite di tempo, come la necessità di doversi tingere i capelli. «Ma tesoro!», sbotta lei, «fatteli rosa! Fatti una tinta pazza! Di un colore estremo, biondo platino, come me! Perché, devi sapere, non importa quanti anni hai. L'importante è quanti anni ha il tuo cuore e la tua mente». Poi continua: mi sono anche fatta dei tatuaggi. E inizia a spogliarsi, mostrandomeli: «Perché vedi, la vita è mia e ne faccio ciò che voglio».
«Oh, Dio! No! Ma te lo puoi immaginare? Quando sto con altri colleghi non parliamo mai di certe cose. Oh!», si alza, si precipita verso la finestra e dice: «Guarda! Ti saresti mai immaginata che nel cuore di una città potesse esserci un giardino tanto grande e bello?».
«Imparo sempre ogni giorno che passa. Perché sai, la vita è un viaggio. Sei d'accordo con me? E c'è ancora molto che tutti noi dobbiamo imparare». Poi mi guarda dalla testa ai piedi e dice: «Tu non hai figli vero? No? Lo immaginavo. Riesco a capirlo dagli occhi di una persona. Dalla sua aura. Dalle sue emozioni. Ora riesco a “leggere” le “aure emozionali” molto bene e la tua parla chiaro. Comunque, «ci sono troppe cose importanti che sono rimaste non dette, su questo album».
«La cosa più importante che vorrei tutti sapessero è questa: quando ascolterete il disco, fatelo come fosse un'opera d'arte. Forse, potrà ispirarvi e aiutarvi ad affrontare i vostri momenti di insicurezza. E farvi sentire forti e positivi».
«Esatto!», sbotta lei, finalmente sorridente. «È una riflessione filosofica sul mio viaggio e sul perché sono arrivata qui. E del perché ho avuto alti e bassi. Perché la vita è imprevedibile. Non sai mai che cosa ti potrà riservare il futuro. Non puoi mai sapere come sarà il domani. E neppure che cosa troverai dietro quella porta, tra un'ora, quando deciderai di aprirla». Sembra una minaccia, perché suo marito è alto almeno due metri e sicuramente è dietro quella porta, ma faccio finta di nulla. Poi aggiunge: «La musica è una sfida con me stessa. Per esempio, mentre incidevo Throw Your Arms Around Me (che comincia con la sua voce in loop e dei suoni lounge-etnici in stile Buddha Bar), attraverso le palpebre potevo vedere dei buchi, con uno spazio infinito sopra di essi e vedevo, forse, sì, anche dello spazio sotto. Non so se anche a te capita lo stesso, ma se chiudi gli occhi forse riesci a vedere quei buchi e quello spazio. E quando vedo quei buchi, poi cerco di metterci qualcosa dentro, un suono, una sperimentazione».